La retorica della pubblicità in tempo di Coronavirus - Pesce Comunica

La retorica della pubblicità in tempo di Coronavirus

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La retorica della pubblicità in tempo di coronavirus

Andrà tutto bene. Insieme. Casa. Ripartiremo. Ce la faremo. Silenzio. Eroi.

La pubblicità in tempo di Coronavirus non ha lasciato scampo con una retorica spesso stucchevole e sì, poco creativa. Appena tutto è iniziato i grandi brand hanno dovuto rimodulare tutta la loro comunicazione adattandola ad un contesto inaspettato ed è stato tutto un mescolarsi di immagini dall’alto, strade vuote, mani che lavorano, personale medico sfinito, famiglie che riscoprono la bellezza dello stare in casa, videochiamate di gruppo e musiche epiche e nostalgiche.

È stato inevitabile ed è stato fatto anche bene: la pubblicità di Barilla con la voce narrante di Sofia Loren che dice grazie all’Italia che resiste; quella di Mc Donald’s, che non si poteva skippare, sui venti secondi necessari per lavarsi bene le mani.

Poi, già in piena fase uno e ancora di più nella fase due, una sensazione di già visto ha iniziato a serpeggiare; un fastidio latente si è fatto sempre più pressante; una noia alienante ha avvolto tutte quelle comunicazioni. L’apice del celafaremo e dei balconi arcobaleno era concluso; peccato che i brand non se ne fossero accorti.

È quello che viene fuori dalla ricerca Hokuto-Conic che ha evidenziato come gli italiani siano stanchi delle pubblicità a tema contagio. Lo spiega in una nota Ansa Alberto De Martini, amministratore delegato di Conic: “Abbiamo ritenuto utile capire come questi cambiamenti fossero percepiti dagli italiani, dopo un altro mese di restrizioni fisiche e preoccupazioni economiche. La ricerca risponde a questo e anticipa le aspettative rispetto al dopo emergenza sanitaria […] Impegno sì, retorica no: la pubblicità contaminata dal virus risulta indigesta per il 60% degli italiani, in particolare dagli under 35, che infatti sottoscrivono in massa l’affermazione c’è troppa pubblicità a sfondo coronavirus. Non solo: per il 50% del campione complessivo la pubblicità ha esagerato ad adeguare i contenuti alla emergenza sanitaria.

#andràtuttobene ma con più creatività

Che il pubblico si aspettasse un cambio di tono dai brand lo abbiamo visto nel nostro post del 15 aprile. Questa nuova ricerca conferma, a distanza di tempo, come il ruolo della pubblicità si assesti sull’intrattenimento e la leggerezza (di calviniana memoria). È stato corretto trovare un equilibrio tra il proprio brand ed il contesto di pandemia, andando incontro empaticamente alle persone; è stato deleterio puntare solo su quello.

La comunicazione in tempo di crisi è un difficile equilibrio ma la pubblicità è fatta per raccontare storie, accarezzare speranze e far tornare a sognare: con ironia, stravaganza, creatività. Non è cosa facile, anzi, ma evitiamo di dire tutti le stesse cose nello stesso modo. Per questo godetevi (si fa per dire) il video Every Covid-19 Commercial is Exactly the Same di un utente di YouTube che ha raccolto alcuni spot di brand internazionali in un ripetersi di musiche malinconiche e slogan buonisti.

Colonna sonora: Can’t Fight the Moonlight (LeAnn Rimes)

Paola Bernasconi
Paola Bernasconi
Copywriter della Pesce. Il Che Si Dice lo scrive lei.

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